Si allega la newsletter del mese di gennaio 2015
Archivi autore: Dott. Aldo Olivero
Sicurezza negli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali
Il 22 luglio 2014 era stato pubblicato il Decreto Interministeriale 22 luglio 2014 (http://www.lavoro.gov.it/Strumenti/normativa/Documents/2014/Decreto%20Palchi.pdf), il cosiddetto “decreto palchi”, che andava a sanare una situazione di grossa confusione in merito all’allestimento dei palchi per spettacoli di vario tipo.
Tale decreto – occorre precisarlo – non definiva tanto i criteri che doveva rispettare un palco per essere definito “a norma”, quanto piuttosto gli obblighi in materia di allestimento e gestione delle opere temporanee e delle attrezzature da impiegare nella produzione e realizzazione di spettacoli musicali, cinematografici teatrali e di manifestazioni fieristiche.
In sostanza il decreto aveva esteso l’applicazione di buona parte del titolo IV del D.Lgs. 81/08 alla realizzazione di palchi e strutture simili quando questi avessero comportato rischi particolari per la sicurezza. Si sarebbero quindi applicati gli obblighi formativi per i lavori in quota e la costruzione di ponteggi nonché POS, PSC e tutta la documentazione che viene generalmente predisposta in un cantiere edile.
Il 24 dicembre 2014 è finalmente uscita la circolare 35 (http://www.lavoro.gov.it/SicurezzaLavoro/MS/Normativa/Documents/n35del24dicembre2014.pdf) che ha maggiormente dettagliato le indicazioni date dal decreto.
Una prima importante indicazione sono le esclusioni: il decreto ed i relativi obblighi previsti dal titolo IV non si applicano ai palchi aventi altezza inferiore ai 2 metri (non si configura un lavoro in quota) ed a altre tipologie di palco definite nell’articolo 1 della circolare. A grandi linee, in tutti gli altri casi, nella costruzione dei palchi e delle strutture connesse, si dovranno indicativamente rispettare i seguenti obblighi, contenuti nei capi I e II del titolo IV del D.Lgs. 81/08:
– valutare l’idoneità delle imprese che realizzeranno tali opere;
– redigere PSC (Piani di Sicurezza e Coordinamento) e POS (Piani Operativi Sicurezza);
– non è necessario realizzare opere provvisionali come impalcature o ponteggi se il palco e/o l’opera temporanea stessa saranno in grado di garantire la sicurezza, ovviamente con l’uso di adeguati DPI e punti di ancoraggio;
– i lavoratori che realizzano il palco e le atre opere dovranno risultare formati secondo l’Accordo Stato Regioni del 21/12/11 (formazione “base”) e ricevere una formazione particolare, qualora vengano usati, per i DPI di III categoria come funi, cinture, ecc… e per l’uso di attrezzature particolari.
Si ricorda che sia per i palchi con altezza inferiore ai due metri che per quelli più alti, devono essere presenti (anche se non lo specifica questo decreto) delle indicazioni di montaggio/smontaggio e portata massima del palco, fornite dal costruttore o, qualora non fosse più reperibile, da un tecnico abilitato.
L’incidente in auto occorso mentre si accompagnano i figli a scuola è infortunio in itinere?
Il 18 dicembre 2014 è stata pubblicata dall’INAIL la circolare n. 62 “Linee guida per la trattazione dei casi di infortuni in itinere. Deviazioni per ragioni personali.”
La circolare si è occupata delle deviazioni per ragioni personali rispondendo a molti quesiti posti “in merito al riconoscimento della natura necessitata della deviazione effettuata dai genitori per accompagnare i figli a scuola e della conseguente tutelabilità degli infortuni accaduti durante il percorso deviato, ovvero nel normale percorso casa-lavoro e viceversa, dopo la sosta presso la scuola del figlio”.
Da diversi anni è in corso il dibattito sulle deviazioni del percorso non necessitate. Ecco alcuni estratti della circolare.
Come noto, l’art. 12 del d.lgs. 23 febbraio 2000 n. 38 prevede l’esclusione della tutela dell’infortunio in itinere nel “caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate […]. L’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti”. Ciò premesso, occorre rilevare che, anche dopo l’entrata in vigore della norma che disciplina l’infortunio in itinere, il significato da attribuire al concetto di esigenze essenziali continua a suscitare perplessità in fase di applicazione. In particolare, quesiti sono stati posti in merito al riconoscimento della natura necessitata della deviazione effettuata dai genitori per accompagnare i figli a scuola e della conseguente tutelabilità degli infortuni accaduti durante il percorso deviato, ovvero nel normale percorso casa-lavoro e viceversa, dopo la sosta presso la scuola del figlio.
Tuttavia, come precisato nella nota di istruzioni del 15 marzo 2000, “la decisione del legislatore di recepire integralmente i risultati dell’evoluzione giurisprudenziale consente fondatamente di dedurre che, anche per le questioni che – a causa della loro varietà e molteplicità – la norma non poteva compiutamente regolamentare (ad es. necessità di utilizzare il mezzo privato), si debba continuare a fare riferimento agli insegnamenti della giurisprudenza della Corte di Cassazione, ed in particolare al “criterio della ragionevolezza” attraverso il quale, salvaguardando le esigenze umane e familiari del lavoratore costituzionalmente garantite, e conciliandole con i doveri derivanti dal rapporto di lavoro, la Suprema Corte ha reso sempre più penetrante la protezione assicurativa in questa materia”.
Ciò considerato, ai fini dell’ammissibilità a tutela degli eventi in questione, si rammenta che in alcuni Paesi europei è riconosciuta l’indennizzabilità degli infortuni occorsi durante le deviazioni e/o interruzioni “necessitate” per il soddisfacimento di esigenze familiari. A tal proposito, la Suprema Corte ha sottolineato che “la valutazione delle circostanze di fatto della interruzione non necessitata è compito del giudice di merito il quale potrà adottare criteri quali il tempo della sosta in termini assoluti, o in proporzione alla durata del viaggio, in quanto la interruzione non necessitata non può essere di durata tale da elidere il carattere finalistico che giustifica la tutela dell’infortunio in itinere, o delle motivazioni stesse della sosta, avvalendosi delle indicazioni della giurisprudenza nazionale o, ove mancante e quale criterio meramente sussidiario, anche di quella dei Paesi comunitari.
Le conclusioni a cui arriva la circolare sono, in sostanza, queste: bisognerà valutare caso per caso se il percorso effettuato fosse o meno “necessitato”, basandosi sull’effettiva necessità di dover accompagnare o meno i figli a scuola. Tutto ciò premesso, in considerazione del suesposto criterio interpretativo nonché dell’orientamento univoco della Suprema Corte sulla necessità di valutare le esigenze familiari addotte dal lavoratore, al fine di riconoscere l’indennizzabilità dell’infortunio in itinere, l’infortunio occorso al lavoratore nel tragitto casa-lavoro, interrotto o deviato per accompagnare il proprio figlio a scuola, previa verifica della necessarietà dell’uso del mezzo privato, potrà essere ammesso alla tutela assicurativa nei limiti sotto indicati. Tale riconoscimento è, infatti, subordinato alla verifica delle modalità e delle circostanze del singolo caso (come ad es. l’età del figlio, la lunghezza della deviazione, il tempo della sosta, la mancanza di soluzioni alternative per assolvere l’obbligo familiare di assistenza del figlio), attraverso le quali sia ravvisabile, ragionevolmente, un collegamento finalistico e “necessitato” tra il percorso effettuato e il soddisfacimento delle esigenze e degli obblighi familiari, la cui violazione è anche penalmente sanzionata.
L’RSPP deve avere un budget a disposizione? La risposta della Commissione Interpelli
Il 6 ottobre la Commissione Interpelli ha risposto ad un quesito avanzato dall’ Unione Sindacale di Base dei Vigili del Fuoco per avere chiarimenti sul termine “mezzi adeguati” (“il SPP deve disporre di mezzi adeguati per lo svolgimento dei compiti assegnati) contenuto nell’articolo 31 comma 2 del D.Lgs. 81/2008. In particolare nel quesito si chiede di sapere se ‘nella definizione di mezzi adeguati è da intendersi un budget di spesa congruo al raggiungimento delle finalità previste”.
E al riguardo si osservava che, ai sensi dell’art. 2, lett. 1, del D.Lgs. n. 81/2008, il servizio di prevenzione e protezione è definito come ‘insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori’.
Il tema è sicuramente interessante, visti soprattutto i compiti che vengono loro assegnati dall’art. 33 del Testo Unico (individuare i fattori di rischio, elaborare misure preventive e protettive, ecc…). In merito a tale quesito, la Commissione fornisce le seguenti indicazioni.
Le previsioni dell’art. 31, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008 “sono dirette ad assicurare che il Servizio di prevenzione e protezione disponga di tutto quanto necessario allo svolgimento dei compiti di cui all’art. 33, comma 1, avuto riguardo alla complessità aziendale e ai rischi presenti”. E “in relazione alle modalità per realizzare tali finalità, la scelta di assegnare un budget è rimessa alla discrezionalità dell’organizzazione aziendale”.
Nuove norme di prevenzione incendi
Durante l’estate sono state introdotte diverse novità in merito alla prevenzione incendi. Di seguito riportiamo un elenco dei provvedimenti più rilevanti:
– L’art. 1bis della L. 116/2014 di conversione del Dl 91/2014 (Disposizioni urgenti, fra le altre, per il settore agricolo, la tutela ambientale…) ha esonerato gli imprenditori agricoli che utilizzano depositi di prodotti petroliferi dall’obbligo di eseguire le procedure del nuovo regolamento di semplificazione della prevenzioni degli incendi (Dpr 151/2011). Gli imprenditori agricoli che utilizzano depositi di prodotti petroliferi di capienza non superiore a 6 metri cubi, anche muniti di erogatore… non sono tenuti agli adempimenti previsti dal regolamento di cui al Dpr 151/2011.
– Il decreto 16/7/14 pubblicato sulla Gezzetta Ufficiale del 29/7/14 ha introdotto un nuova regola tecnica di prevenzione incendi per gli asili nido. Permane la distinzione tra asili con meno di 30 persone e asili con più di 30 persone. Le prescrizioni tecniche più restrittive riguardano ovviamente gli asili con più di 30 persone, che vengono distinti tra asili di nuova costruzione e quelli già realizzati. Le prescrizioni principali per queste attività sono: carico d’incendio specifico delle attività che non deve superare 300MJ/mq; le strutture portanti e gli elementi di compartimentazione devono garantire requisiti di resistenza al fuoco R e REI/EI non inferiori a 45-90, a seconda dell’altezza antincendio; classe di reazione dei tendaggi; scale; impianti di sollevamento; obbligo di redazione del piano di emergenza e prove di evacuazione da ripetersi tre volte l’anno.
La sicurezza nelle associazioni di volontariato
Pur avendo affrontato nelle nostre newsletter passate il mondo del volontariato, un recente documento dall’associazione Ciessevi (Centro Servizi per il Volontariato nella Provincia di Milano) dal titolo “La tutela dei lavoratori e dei volontari nelle OdV e negli enti non profit a base volontaria” e a cura dell’avv. Marco Quiroz Vitale e dell’ing. Massimiliano Zinesi ha aperto alcune questioni molto interessanti.
Occorre fare una doverosa premessa ricordando che sono soggette, in linea di massima, agli obblighi documentali e formativi del D.Lgs. 81/08 solo le associazioni nelle quali siano presenti lavoratori dipendenti. I volontari, anche con piccoli rimborsi spese, non figurano come lavoratori dipendenti purché si rispetti la legge 266 del 1991. Nei loro confronti si applicano le disposizioni dell’art. 21.
Un primo interessante aspetto che emerge dal documento del Ciessevi è quello relativo all’individuazione del datore di lavoro. Se in linea di massima fino ad oggi l’interpretazione comune era quella di assegnare al presidente della associazioni il ruolo di datore di lavoro, si segnala che, “fatto salvo il caso di una OdV che non si avvalga dell’opera di nessun lavoratore subordinato o ad esso equiparato (dove sostanzialmente non è presente e riconoscibile alcun datore di lavoro), analizzando il richiamo legislativo alla responsabilità dell’organizzazione con riferimento all’esercizio dei poteri decisionali e di spesa confrontato con la intrinseca ‘democraticità’ delle OdV, che spesso affidano tutte le decisioni all’organo direttivo, il datore di lavoro di una OdV risulta essere rappresentato, in linea generale, da tutte le persone componenti l’organo direttivo”.
Se risulta abbastanza chiaro che RSPP e RLS riguardino solo le OdV con dipendenti, questione più articolata è sicuramente quella del medico competente. A livello normativo i volontari “hanno la facoltà (nel caso svolgano un’attività per la quale è prevista) di avvalersi, seppur con oneri a proprio carico, della sorveglianza sanitaria”.
Si presentano due casi:
– OdV che hanno nominato un medico competente. In questo caso le OdV possono “inserire nell’accordo da stipulare con i volontari” le modalità per l’attuazione della sorveglianza sanitaria “avvalendosi del medico competente già nominato dalla OdV”;
– OdV che, non avendo lavoratori subordinati da sottoporre alla sorveglianza sanitaria, non hanno nominato il medico competente. In questo caso “allo stato attuale appaiono percorribili due soluzioni ben distinte: avviare i volontari presso gli istituti di medicina del lavoro oppure avviarli ad un medico competente di riferimento per l’organizzazione, anche se non formalmente nominato. In entrambi i casi si ritiene opportuno delineare la situazione nell’accordo con i volontari, in modo da assicurare loro l’opportunità di avvalersi della facoltà prevista dalla legislazione vigente”.
In merito al Documento Valutazione Rischi (DVR), si ricorda che l’obbligo riguarda solo le OdV con dipendenti e che nel computo dei lavoratori, al fine di delineare quali obblighi sussistono per le differenti OdV, non devono essere ricompresi i volontari.
http://www.lavoro.gov.it/Strumenti/interpello/Documents/Interpello%208-2014.pdf
http://www.ciessevi.org/news/notizie-da-ciessevi/pubblicato-linstant-book-aggiornato-sulla-sicurezza-nelle-organizzazioni-di
Alberghi con oltre 25 posti letto: modifiche apportate dal decreto “Milleproroghe”.
Nuova proroga per l’adeguamento antincendio per gli alberghi e le strutture ricettive con oltre 25 posti letto.
Il decreto milleproroghe (D.L. 150/2013) ha posticipato la scadenza al 31 dicembre 2014. L’art. 11 del suddetto decreto stabilisce inoltre che potranno usufruire di tale proroga solo le strutture in possesso dei requisiti di ammissione al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio approvato con D.M. 16/3/12. La proroga, in sostanza, riguarda principalmente l’adeguamento alla regola tecnica di prevenzione incendi esistenti al nomento dell’entrata in vigore del decreto del Ministero degli Interni del 9/4/1994.
Infortuni in missione e infortuni in itinere
Una circolare dell’INAIL (Circolare Inail n. 52 del 23 ottobre 2013 “Criteri per la trattazione dei casi di infortunio avvenuti in missione e in trasferta”) ha recentemente chiarito alcuni aspetti relativi agli infortuni occorsi in missione.
Ricordiamo che si può definire l’infortunio sul lavoro come “ogni lesione originata, in occasione di lavoro, da causa violenta che determini la morte della persona o ne abolisca o comunque ne menomi permanentemente o temporaneamente la capacità lavorativa”. Tre sono pertanto gli elementi che debbono sussistere contemporaneamente per configurare un infortunio indennizzabile: la lesione, la causa violenta, l’occasione di lavoro.
Quanto agli infortuni in itinere, la circolare precisa che sono indennizzabili solo gli incidenti nei quali “il comportamento del lavoratore fosse giustificato da un’esigenza funzionale alla prestazione lavorativa, tale da legarla indissolubilmente all’attività di locomozione (…) nei limiti in cui l’assicurato non aggravi, per suoi particolari motivi o esigenze personali, i rischi propri della condotta extralavorativa connessa alla prestazione per ragioni di tempo e di luogo, interrompendo così il collegamento che giustifica la copertura assicurativa”. In sostanza se durante il tragitto casa-lavoro effettuo delle deviazioni per motivi personali e durante tale deviazione accade un infortunio, tale evento non è indennizzabile.”
Riguardo gli infortuni in trasferta, la gestione cambia radicalmente “poiché, in tale situazione, il tragitto dal luogo in cui si trova l’abitazione del lavoratore a quello in cui, durante la missione, egli deve espletare la prestazione lavorativa, non è frutto di una libera scelta del lavoratore ma è imposto dal datore di lavoro. (…) La missione, infatti, è caratterizzata da modalità di svolgimento imposte dal datore di lavoro con la conseguenza che tutto ciò che accade nel corso della stessa deve essere considerato come verificatosi in attualità di lavoro, in quanto accessorio all’attività lavorativa e alla stessa funzionalmente connesso, e ciò dal momento in cui la missione ha inizio e fino al momento della sua conclusione.”
E’ evidente quindi che le uniche due cause di esclusione della indennizzabilità di un infortunio occorso a un lavoratore in missione e/o trasferta si possono rinvenire:
a) nel caso in cui l’evento si verifichi nel corso dello svolgimento di un’attività che non ha alcun legame funzionale con la prestazione lavorativa o con le esigenze lavorative dettate dal datore di lavoro;
b) nel caso di rischio elettivo, cioè nel caso in cui l’evento sia riconducibile a scelte personali del lavoratore, irragionevoli e prive di alcun collegamento con la prestazione lavorativa tali da esporlo a un rischio determinato esclusivamente da tali scelte.
Durante il tragitto che il lavoratore effettua per raggiungere l’albergo, eventuali infortuni dovranno essere gestiti come infortuni i attualità del lavoro e non come infortuni in itinere. Anche gli infortuni occorsi in una stanza d’albergo saranno considerati come tali, ben diversi da quelli occorsi nella propria abitazione: “in primo luogo poiché il soggiorno in albergo è evidentemente necessitato dalla missione e/o trasferta – e perciò è necessariamente connesso con l’attività lavorativa – e in secondo luogo poiché il lavoratore, con riguardo al luogo in cui deve temporaneamente dimorare, non ha quello stesso controllo delle condizioni di rischio che ha, al contrario, nella propria abitazione.”
Newsletter Ottobre 2013
E’ online la nostra newsletter ottobre 2013.
Ecco il sommario degli argomenti:
1) Lavoratori autonomi e POS;
2) D.G.R. Piemonte sulla formazione dei lavoratori;
3) Prevenzione incendi: nuova proroga per l’applicazione del D.P.R. 151/11;
4) SISTRI: per ora solo i gestori di rifiuti pericolosi;
5) le scadenze.
Prevenzione incendi: nuova proroga per l’applicazione del D.P.R. 151/11
Il D.P.R. 151/11 subisce una nuova proroga al 7 ottobre 2014. La scadenza, inizialmente prevista per il 7 ottobre 2013, è stata introdotta dal “Decreto del Fare” con l’art. 38 (DL 69/13 convertito con Legge 98/2013).
Ricordiamo che il D.P.R. 151/11 è quel provvedimento che ha modificato l’elenco delle attività soggette ai controlli dei Vigili del Fuoco, introducendo tre categorie di rischio (A, B e C). La proroga riguarda gli art. 3 e 4 del D.P.R. 151/11.
Ricordiamo innanzitutto che le proroghe o le esenzioni riguardano solo le attività che prima del D.P.R. 151 del 2011 non erano soggette ad alcun obbligo relativo all’ottenimento del Certificato Prevenzione Incendi (C.P.I.) e che, con l’entrata in vigore del suddetto D.P.R., lo sono diventate. Per le altre attività che prima del 2011 erano già soggette e sono continuate a rimanerlo non cambierà nulla.
Le principali attività soggette solo dal 2011 sono:
- attività n. 55: attività di demolizioni di veicoli e simili con relativi depositi, di superficie superiore a 3.000 mq;
- attività n. 66: strutture turistico-ricettive nell’aria aperta (campeggi, villaggi-turistici, ecc.) con capacità ricettiva superiore a 400 persone;
- attività n. 67: asili nido con oltre 30 persone presenti;
- attività n. 68: strutture sanitarie che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, di superficie complessiva superiore a 500 mq (dunque non solo ospedali e case di cura ma anche strutture come, ad esempio, i poliambulatori);
- attività n. 73: edifici e/o complessi edilizi a uso terziario e/o industriale caratterizzati da promiscuità strutturale e/o dei sistemi delle vie di esodo e/o impiantistica con presenza di persone superiore a 300 unità, ovvero di superficie complessiva superiore a 5.000 mq, indipendentemente dal numero di attività costituenti e dalla relativa diversa titolarità (ad esempio uffici + attività commerciali);
- attività n. 75: autorimesse pubbliche e private, parcheggi pluriplano e meccanizzati di superficie complessiva coperta superiore a 300 mq; locali adibiti al ricovero di natanti ed aeromobili di superficie superiore a 500 mq; depositi di mezzi rotabili (treni, tram ecc.) di superficie coperta superiore a 1.000 mq (non solo stabilimenti di produzione di mezzi rotabili, ma anche depositi);
- attività n. 71: aziende ed uffici con oltre 300 persone presenti;
- attività n. 72: edifici sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, aperti al pubblico, destinati a contenere biblioteche ed archivi, musei, gallerie, esposizioni e mostre, nonché qualsiasi altra attività contenuta nell’allegato;
- attività n. 78: aerostazioni, stazioni ferroviarie, stazioni marittime, con superficie coperta accessibile al pubblico superiore a 5.000 mq; metropolitane in tutto o in parte sotterranee;
- attività n. 79: interporti con superficie superiore a 20.000 mq;
- attività n. 80: gallerie stradali di lunghezza superore a 500 m e ferroviarie superiori a 2.000 m;
- attività n. 18: esercizi di minuta vendita e/o depositi di sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni. Esercizi di vendita di artifici pirotecnici declassificati in “libera vendita” con quantitativi complessivi in vendita e/o deposito superiori a 500 kg, comprensivi degli imballaggi.
Nel caso in cui, un’attività precedentemente non soggetta, lo fosse diventata per l’entrata in vigore del D.P.R. 151/2011, secondo tale decreto, doveva esplicare le pratiche inerenti entro e non oltre 1 anno dall’entrata in vigore del D.P.R. 151/2011, ovvero entro il 7 ottobre 2012. Ora il comma 1 dell’art. 38 del “Decreto del Fare” permette invece a tali attività di non presentare il cosiddetto “esame del progetto”, previsto dall’art. 3 del D.P.R. 151/11 per le attività di categoria B e C, se “già in possesso di atti abilitativi riguardanti anche la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio, rilasciati dalle competenti autorità”. Il comma 2 dell’art. 38 del “Decreto del Fare” stabilisce la nuova data di presentazione della documentazione, per le nuove attività prima non soggette, al 7 ottobre 2014.