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Il D.Lgs. 151/01 riporta una serie di prescrizioni per la gestione delle lavoratrici durante il periodo della gravidanza e dell’allattamento, fino ad un anno dalla nascita del bambino.

Oltre alle attività vietate durante la gravidanza e/o durante l’allattamento, l’articolo 12 del D.Lgs. 151/01 prevede l’anticipo del divieto di adibire alla mansione lavorativa a 3 mesi prima del parto in particolari condizioni. Scopriamo quali.

L’articolo 7 del D.Lgs. 151/01 riporta il divieto di adibire una lavoratrice in gravidanza a lavori a rischio di cui all’allegato A e B dello stesso decreto. In questi casi, si provvede al cambio di mansione o, in assenza di tale possibilità, alla richiesta di astensione obbligatoria anticipata.

Negli altri casi, per la lavoratrice, non sussiste il divieto di adibizione alla mansione, quindi la lavoratrice potrà lavorare fino al periodo obbligatorio di astensione, ovvero due mesi prima del parto.

Tuttavia, l’articolo 17, facente parte del Capo II (Congedo di maternità) e non del Capo I (Tutela della salute della lavoratrice), prevede quanto segue:

1. Il divieto è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all’avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Fino all’emanazione del primo decreto ministeriale, l’anticipazione del divieto di lavoro è disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio.

Sebbene i decreti citati all’interno del comma, non siano ancora stati emanati, la Nota 32395 del 17/11/2014 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ci propone alcune indicazioni:

  1. L’istanza di anticipo del periodo di interdizione viene effettuata d’ufficio o a seguito di richiesta della lavoratrice;
  2. Lo spostamento casa lavoro, non è da considerarsi una fonte di rischio da determinare in automatico l’applicazione dell’astensione anticipata;
  3. Se il trasferimento viene ritenuto, dalla lavoratrice, una condizione di rischio, essa potrà richiedere all’ASL un provvedimento di astensione per gravidanza a rischio.

Stanti la normativa attuale, pertanto, il pendolarismo non va considerato come attività a rischio per la quale sia applicabile l’articolo 17 comma 1 del D.Lgs. 151/01.

Diversamente, la Circolare 43/2000, che chiarisce le condizioni per le quali è possibile richiedere la flessibilità, ovvero di poter lavorare fino all’inizio dell’ottavo mese, per poi poter usufruire dell’astensione obbligatoria fino al quarto mese dopo la data di nascita del bambino, prevede che le condizioni ostative alla concessione di questa flessibilità, siano:

– condizioni patologiche che configurino situazioni di rischio per la salute della lavoratrice e/o del nascituro al momento della richiesta;

– provvedimento di interdizione anticipata dal lavoro da parte della competente Direzione provinciale del lavoro – Servizio ispezione del lavoro – ai sensi dell’art. 5 della legge n. 1204/71;

– provvedimento di interdizione anticipata nelle prime fasi di gravidanza;

– pregiudizio alla salute della lavoratrice e del nascituro derivante dalle mansioni svolte, dall’ambiente di lavoro e/o dall’articolazione dell’orario di lavoro previsto; nel caso venga rilevata una situazione pregiudizievole, alla lavoratrice non potrà comunque essere consentito, ai fini dell’esercizio dell’opzione, lo spostamento ad altre mansioni ovvero la modifica delle condizioni e dell’orario di lavoro;

– controindicazioni allo stato di gestazione riguardo alle modalità per il raggiungimento del posto di lavoro.

Sebbene il pendolarismo non sia normato all’interno del D.Lgs. 151/01, le “Linee guida per l’applicazione negli ambienti di lavoro delle norme a tutela della maternità” ed. Dicembre 2009, riportano il pendolarismo tra le condizioni di potenziale rischio, andando a specificare quanto segue:

PENDOLARISMO: la percorrenza da casa al lavoro non è normata dalla legislazione nazionale. Tale evenienza viene presa in considerazione nelle linee direttrici della Comunità Europea. Pertanto, si ritiene opportuna una valutazione caso per caso, considerando questi fattori:

a) distanza (indicativamente oltre 100 Km complessivi tra andata e ritorno)

b) tempo di percorrenza (indicativamente oltre 2 ore complessive tra andata e ritorno)

c) numero e tipo di mezzi di trasporto utilizzati (impiego di 2 o più mezzi)

d) caratteristiche del percorso (strade di montagna, condizioni meteorologiche sfavorevoli, ecc. ).

Dalla valutazione di quanto sopra si potrà stabilire il periodo di astensione: un mese anticipato oppure nel caso di più fattori concomitanti, per tutto il periodo della gravidanza.

Ne consegue che il pendolarismo, allo stato attuale, non è indicato come elemento discriminante nella valutazione dei rischi per la sicurezza e salute delle lavoratrici in gravidanza, neanche nel processo di valutazione della possibilità di concedere la flessibilità.

Tuttavia, si ritiene utile integrare l’informazione alle lavoratrici con l’indicazione che, il pendolarismo, può rappresentare un potenziale rischio per la lavoratrice o il nascituro e che, quindi, stanti le condizioni proposte dalla Commissione Europea, potrebbe essere opportuno richiedere l’anticipo dell’astensione obbligatoria al terzo mese che dovrà essere cura della lavoratrice richiedere.

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