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Nel mese di Novembre 2016, la Regione Lombardia ha reso disponibile una linea guida per la corretta gestione della presenza di formaldeide nelle aziende. Ricordiamo che, dal 1 gennaio 2016, la formaldeide è diventata cancerogeno di categoria 1B.

 

All’interno della Linea guida sono presenti spunti interessanti.

Locali in cui possiamo trovare la Formaldeide:

1.b Esposizione outdoor e indoor

La formaldeide è presente come prodotto naturale in numerosi sistemi viventi e nell’ambiente. Si rinviene naturalmente nei cibi, nella frutta e come metabolita endogeno nei mammiferi, prodotto dal metabolismo ossidativo.In aggiunta a queste fonti naturali essa deriva da processi di combustione, per esempio con l’emissione veicolare, impianti di produzione di energia da combustione e/o termovalorizzazione, fiamme libere e fumo di tabacco ecc.

Molecole di formaldeide possono essere liberate durante la cottura dei cibi o durante l’uso di disinfettanti. Fonte indiretta di esposizione alla formaldeide è inoltre l’ossidazione fotochimica di idrocarburi come il metano o altri precursori emessi dai processi di combustione. La formaldeide ha una breve emivita nell’ambiente in quanto rimossa dai processi fotochimici, dalle precipitazioni e dalla biodegradazione.

 

Per quanto concerne gli effetti dell’esposizione alla Formaldeide:

L’esposizione a formaldeide aerodispersa può generare effetti: irritativi, sensibilizzazione allergica ed effetti cancerogeni. Gli effetti irritativi si manifestano a carico degli occhi, delle mucose respiratorie e della cute. La gravità delle manifestazioni dipende principalmente da tre fattori: il livello di concentrazione aerodispersa, il tempo di esposizione, la suscettibilità individuale. Per quanto concerne gli effetti cancerogeni la IARC (International Agency for Research on Cancer) conclude per sufficienti prove di associazione tra esposizione a formaldeide e tumore del nasofaringe, tuttavia, […], le differenti istituzioni internazionali adottano una non uniforme classificazione di cancerogenicità di tale sostanza[…].

 

La linea guida ricorda che l’esposizione a Formaldeide è prevista, all’interno del D.M. 10/06/2014, come sorgente ad elevata probabilità di causare: tracheobronchite, congiuntivite, dermatite irritativa da contatto, dermatite allergica da contatto, asma bronchiale, tumore del nasofaringee leucemia mieloide. A bassa probabilità, invece, per quanto concerne il tumore delle cavità nasali e dei seni paranasali.

 

Sebbene la linea guida non indichi un specifico percorso metodologico, richiama alcuni documenti che danno un’indicazione in tale senso, prevedendo la seguente modalità di valutazione del rischio:

 

  • censimento della presenza o meno di formaldeide nel luogo di lavoro. Si deve considerare sia la formaldeide come materia in ingresso, sia come sottoprodotto della produzione, che come rifiuto ecc.
  • Stima preliminare della concentrazione tramite la tabella 5 riportata nella linea guida;
  • Indagini ambientali volte a definire il livello di esposizione, secondo un protocollo ben preciso;
  • In base ai risultati delle indagini ambientali, si possono avere 3 situazioni:
    1. Valori superiori ai valori limiti di esposizione professionale (0,369 mg/mc): in questo caso, i lavoratori sono esposti al rischio quindi si applica in toto il Capo III del Titolo IX. L’istituzione del registro è obbligatoria;
    2. Valori compresi tra il valore di limite (0,369 mg/mc) e il valore di azione (metà del valore limite ovvero 0,184 mg/mc): in questo caso ho l’esposizione ad agenti cancerogeni che mi impogono l’adozione delle misure tecniche e organizzative necessarie e si propone l’istituzione del registro degli esposti. L’indagine ambientale va ripetuta dopo 16 settimane;
    3. Valori compresi tra il valore di azione (0,184 mg/mc) e il valore della popolazione (0,1 mh/mc): in tale situazione, vi è esposizione professionale, quindi si applica il Capo III del Titolo IX ma senza l’adozione del registro degli esposti. L’indagine ambientale deve essere ripetuta dopo 32 settimane;
    4. Valori inferiori ai valori della popolazione (0,1 mg/mc): si ritiene non vi sia esposizione professionale, quindi non si applica ai lavoratori il Capo III. In questo caso, si deve provvedere alla ripetizione del monitoraggio ogni 3 anni.

 

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