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Come sapete, tutte le aziende devono aver identificato un soggetto che svolga i compiti di RSPP, ovvero di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione. Questi può essere un consulente esterno, un interno oppure il datore di lavoro.
Per quanto concerne il datore di lavoro, si ricorda che questa facoltà è riservata solo ad alcune tipologie di aziende “semplici”, riportate nell’allegato II D.Lgs. 81/2008:
1. Aziende artigiane e industriali (1) …… fino a 30 lavoratori
2. Aziende agricole e zootecniche …….. fino a 30 lavoratori
3. Aziende della pesca …………………….. fino a 20 lavoratori
4. Altre aziende ………………………………. fino a 200 lavoratori
Riguardo l’RSPP consulente esterno, questo è sempre permesso, eccezion fatta per alcune tipologie di azienda la cui complessità, richiede la scelta di RSPP interni. Queste sono:
a) aziende industriali di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334(N), e successive modificazioni, soggette all’obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
b) centrali termoelettriche;
c) impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230(N), e successive modificazioni;
d) aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
e) aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
f) industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.
Questo requisito, già presente all’interno del D.Lgs. 626/94, è stato sempre interpretato come se i membri del Servizio di Prevenzione e Protezione, siano essi RSPP o ASPP, dovessero essere inquadrati con forme contrattuali quali dipendenti a tempo indeterminato.
L’interpello 24/2014 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, va a toccare proprio questo punto della norma, ribaltando il sentire comune ma introducendo un valore intrinseco alla parola “interno” molto più che formale: “si considera interno quando – a prescindere dalla tipologia contrattuale che lega tale soggetto al datore di lavoro, in linea con il dettato dell’art. 2, comma 1, lettera a) del D.Lgs. n. 81/2008 – egli sia incardinato nell’ambito dell’organizzazione aziendale e coordini un servizio di prevenzione e protezione interno, istituito in relazione alle dimensioni ed alle specificità dell’azienda”.
Appare evidente la spinta innovativa di questa indicazione che permette, quindi, di istituire, anche nelle azienda di cui ai precedenti punti, un servizio misto interno ed esterno, costituito, eventualmente, da un RSPP esterno, ma incardinato nelle dinamiche aziendali, coadiuvato da ASPP interni, ovvero presenti in azienda con una certa costanza.
Questa visione innovativa, esula la semplice questione del Servizio di Prevenzione e Protezione interno ma dà l’idea di come il D.Lgs. 81/2008 vada letto sempre più in un’ottica di effettività dei diversi requisiti e non solo nel loro mero adempimento formale. Chiede a tutti un vero cambio di prospettiva su come vediamo la normativa: non più un mero elenco di adempimenti, ma un’interiorizzazione di principi basilari che trascendono alcuni giochetti più di carta che di sostanza.

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