Le sentenze della Cassazione devono essere un momento, anche per chi si occupa di sicurezza, per prendere, o ri-prendere, coscienza di elementi essenziali allo svolgimento della propria attività. In questo articolo, si vuole analizzare, dal punto di vista tecnico, la sentenza della Cassazione 23/09/2014, n. 38966.
L’infortunio capitato è una lesione durante l’uso di una pressa troncatrice. La dinamica, dal resoconto, riporta che il lavoratore si trovava in posizione laterale rispetto alla piegatrice appoggiandosi con la mano alla piegatrice situata posteriormente. Azionando la troncatrice, si avviava anche la piegatrice che provocava il danno al lavoratore.
La Cassazione, rispondendo al ricorso del datore di lavoro, esprime alcuni concetti di estrema importanza:
1) “è indubitabile che anche un comportamento trascurato o imprudente del lavoratore non costituisce comportamento abnorme, idoneo pertanto ad elidere la relazione eziologica tra evento illecito e condotta trasgressiva del debitore di sicurezza”. Questa frase ribadisce, se ancora ce n’è bisogno, che la tutela del lavoratore non si attua, esclusivamente, alle operazioni e manovre di routine, lineari e corrette, ma anche a quelle prevedibili sebbene non conformi alle procedure. Ovvero, il datore di lavoro, nella valutazione dei rischi e nell’adozione delle misure di contrasto, deve considerare anche quelle manovre che, sebbene non rientrino nelle procedure corrette, possono verificarsi per incuria del lavoratore. Questo non vuol dire che si deve prevedere qualsiasi comportamento ma che se una manovra, sebbene errata, può essere svolta per semplice disattenzione, non si può escludere dall’ambito di tutela e va, pertanto, gestita in qualche modo;
2) riguardo la formazione, al datore di lavoro è stata addebitata un’insufficienza dell’attività. Dal racconto, il datore di lavoro aveva consegnato ai lavoratori un documento informativo e aveva sottoposto i lavoratori ad un corso di 5 minuti tenuto da un lavoratore esperto. Interessante la citazione della sentenza di appello: “l’effettivo rispetto dell’obbligo di una formazione adeguata ad allertare l’attenzione del dipendente soprattutto quando, come nel caso in esame, e un anno dopo il corso, veniva impiegato per la prima volta in quel tipo di mansioni”. Questo elemento pone l’accento su come la formazione rivesta carattere essenziale nel processo di riduzione dei rischi, tanto da risultare inutile se viene erogata molto tempo prima dell’adibizione alla mansione a rischio. La formazione viene delineata, finalmente, come un vero e proprio processo educativo e non solo di mera trasmissione di informazioni. Sempre riguardo la formazione: “in tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori l’attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro e ciò perchè l’apprendimento insorgente da fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e della prassi di lavoro non si identificano e tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione prevista dalla legge”. L’esperienza non può derogare la formazione, così come non è pensabile che questa si trasferisca automaticamente da un lavoratore che ne è in possesso ad uno che ne è sprovvisto, per semplice emulazione.
La sentenza, però, si chiude con una frase importantissima: “per garantire il raggiungimento degli obiettivi sostanziali e non la mera osservanza formale dei precetti, deve prevedere momenti di verifica dei risultati: insomma l’attività di formazione è necessariamente un’attività pocedimentalizzata.” Tradotto: non c’è formazione senza verifica ma non si parla del test di fine corso, ma di una verifica reale dell’impatto che la formazione e l’addestramento hanno avuto sui lavoratori. Si pensi ad una verifica sul campo, eventualmente svolta dai preposti, che devono evidenziare se il corso sulla sicurezza elettrica, svolto un mese prima, ha realmente comportato alcuni cambiamenti nei comportamenti o meno. Una rivoluzione necessaria che tutti noi dobbiamo obbligatoriamente prendere in considerazione.