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Il Testo Unico ha inserito la possibilità di proporre interpelli al Ministero dell’Interno finalizzati a risolvere eventuali dubbi interpretativi. Periodicamente, il Ministero risponde ufficialmente a questi interpelli e le risposte vengono rese disponibili sul sito internet all’indirizzo: http://www.lavoro.gov.it/sicurezzalavoro/MS/Interpello/Pages/default.aspx
Riportiamo il sunto di alcuni interpelli che riteniamo essere di interesse generale.

Sigarette elettroniche sul luogo di lavoro
Il Ministero specifica che le sigarette elettroniche non rientrano nel dettato di cui alla Legge 3/2003, quella che, sostanzialmente, istituiva il divieto di fumo nei locali chiusi accessibili agli utenti. Pertanto, ad oggi, non esiste una norma che vieti l’uso di questi dispositivi all’interno del luogo di lavoro. Pertanto, il datore di lavoro ha due scelte: la prima è di vietare, precazionalmente ai propri lavoratori di utilizzare le sigarette elettroniche all’interno del luogo di lavoro; nel caso in cui, però, questo divieto non dovesse essere istituito o i luoghi di lavoro fossero accessibili al pubblico, rendendo i divieto non applicabile, il datore di lavoro deve valutare il rischio da esposizione agli agenti che si liberino durante l’uso di questi dispositivi e i rischi per i soggetti che vi sono esposti anche indirettamente. Sebbene la risposta sia legislativamente comprensibile, rimane il problema di valutare dei rischi che, ad oggi, la comunità scientifica non ha ancora del tutto compreso, come dimostrano le discussioni degli ultimi mesi.

Limite nell’utilizzo delle procedure standard di valutazione dei rischi
Come sapete, le procedure standard, emanate con D.M. 30/11/2012, è un sistema semplificato per la redazione della valutazione dei rischi, che possono utilizzare solo le aziende con meno di 50 addetti, ad eccezione delle “aziende in cui si svolgono attività che espongono i lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, connessi all’esposizione all’aminato” (art. 29 comma 6 D.Lgs. 81/2008). L’interpello mira a chiarire se, in un’azienda dove il rischio chimico è stato valutato “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”, possano essere usate le procedure standard o no. In realtà l’interpello non dà una risposta chiara: da una parte cita proprio l’articolo che richiama il “rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”, dall’altro ricorda che le procedure standard possono essere utilizzate quando, a seguito della valutazione, “in azienda non si svolgono attività che espongono i lavoratori al rischio chimico”, sembrerebbe, anche se basso per la sicurezza e irrilevante per la salute.

Lavoro a domicilio
Nel caso di lavoratori a domicilio si applica l’obbligo di formazione e informazione di un qualsiasi altro tipo di lavoratore, quindi anche la formazione in base all’Accordo Stato Regioni del 21/12/2011. Con l’occasione desideriamo ricordare che, nel caso di lavoratori a domicilio, l’art. 3 del D.Lgs. 81/2008 prevede che:
Comma 9. Fermo restando quanto previsto dalla legge 18 dicembre 1973, n. 877, ai lavoratori a domicilio ed ai lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati trovano applicazione gli obblighi di informazione e formazione di cui agli articoli 36 e 37. Ad essi devono inoltre essere forniti i necessari dispositivi di protezione individuali in relazione alle effettive mansioni assegnate. Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III.
Comma 10. A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico, compresi quelli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70, e di cui all’accordo-quadro europeo sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002, si applicano le disposizioni di cui al titolo VII, indipendentemente dall’ambito in cui si svolge la prestazione stessa. Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III. I lavoratori a distanza sono informati dal datore di lavoro circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative ai videoterminali ed applicano correttamente le direttive aziendali di sicurezza. Al fine di verificare la corretta attuazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza da parte del lavoratore a distanza, il datore di lavoro, le rappresentanze dei lavoratori e le autorità competenti hanno accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro nei limiti della normativa nazionale e dei contratti collettivi, dovendo tale accesso essere subordinato al preavviso e al consenso del lavoratore qualora la prestazione sia svolta presso il suo domicilio. Il lavoratore a distanza può chiedere ispezioni. Il datore di lavoro garantisce l’adozione di misure dirette a prevenire l’isolamento del lavoratore a distanza rispetto agli altri lavoratori interni all’azienda, permettendogli di incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni dell’azienda, nel rispetto di regolamenti o accordi aziendali.
L’interpello segnala, giustamente, che quanto sopra vale nel caso in cui vi sia un sostanziale vincolo di subordinazione tra l’azienda, nella figura del datore di lavoro, e il lavoratore a domicilio. In assenza di questo vincolo, il D.Lgs. 81/2008 sostanzialmente non si applica, se non per quanto concerne l’art. 21 a carico del lavoratore stesso.

Durata della formazione
Viene ribadito quanto già espresso nell’Accordo 25/07/2012, ovvero che la durata della formazione dei lavoratori non viene determinata in maniera automatica in base al codice ATECO dell’azienda, ma deve essere frutto della valutazione dei rischi e, soprattutto, dell’efftiva mansione svolta dal singolo lavoratore e non dalla categoria di appartenenza dell’azienda.

Formazione degli addetti antincendio
Viene ribadito che il D.M. 10/03/1998, che disciplina, tra l’altro, anche la formazione delle figure in oggetto, non prevede requisiti specifici per il docente o l’ente erogatore. Pertanto, in assenza di diversa regolamentazione, soggetti inseriti nell’elenco del Ministero dell’Interno ex legge 818/1984, sono da ritenersi idonei a svolgere questa attività. Aggiungiamo che, anche soggetti non in possesso di questo specifico attestato, ma competenti in materia antincendio, sono da ritenersi idonei a svolgere questa attività, stanti la situazione normativa attuale.

Imprese familiari
L’interpello in questione ha un valore generale molto forte. Viene ribadito che il D.Lgs. 81/2008 si basa sempre sull’effettiva condizione reale, più che sulla formalizzazione di un qualcosa che poi non è rispecchiata nella realtà. Nel caso specifico, viene indicato che un’impresa, per essere considerata familiare e, in base al D.Lgs. 81/2008 essere esonerata dagli obblighi del D.Lgs. 81/2008 ad eccezione dell’articolo 21 e relativi comma collegati (es. sanzioni), non deve necessariamente esserlo dal punto di vista formale, quindi con atto notarile, ma è sufficiente che lo sia nella realtà. Naturalmente, vale il discorso contrario, ovvero di un’impresa familiare che, nella realtà dei fatti, non lo è. Si ricorda, infatti, che un collaboratore familiare, per essere tale, deve rispettare condizioni specifiche di cui all’art. 230 bis del codice civile.

Visita medica ripetuta
Qui assistiamo ad una mezza rivoluzione, abbastanza ragionevole. In sostanza, viene ritenuto che, se un lavoratore cessa la propria attività presso un’azienda con una determinata mansione, ma poi la riprende, sempre nella stessa azienda con la medesima mansione, non è necessario ripetere la visita medica preventiva, purché siano rispettati i periodismi dettati dal medico. In poche parole, se un lavoratore fa la visita medica, cessa la propria attività, ma la riprende prima che sia passato un anno, allora non è necessario sottoporre il lavoratore a visita medica iniziale. Questa interpretazione desta ampi dubbi: se nel periodo in cui il lavoratore non era in forza presso l’azienda, ma ha lavorato in un’altra realtà, magari esposto a rischi molto gravi e logoranti, al rientro la sua situazione fisica potrebbe essere peggiorata.

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