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In questo periodo, non è infrequente trovare sui social discussioni legate alla gestione delle lavoratrici in gravidanza in rapporto al rischio di contagio da SARS-CoV-2.

Tuttavia, è necessario chiarire, con molta attenzione, le fonti normative applicabili e le conoscenze attuali, per non incorrere in errori procedurali o in ingiuste generalizzazioni.

La normativa applicabile

La norma applicabile rimane il D.Lgs. 151/01 che prevede una serie di situazioni:

1) Lavori vietati: l’articolo 7 prevede che, durante la gravidanza e per 7 mesi dopo il parto, sia vietato adibire la lavoratrice a determinate attività riportate all’interno dell’Allegato A (comma 1) e dell’allegato B (comma 2). In questi casi, la lavoratrice non potrà svolgere quella determinata attività o essere esposta a quel determinato agente per l’intera durata della gravidanza e, quando indicato, per i 7 mesi successivi alla data del parto. Vi è poi la particolarità del lavoro sul turno notturno, vietato fino al compimento di 1 anno del bambino. Se possibile, la mansione andrà modificata, andando ad eliminare le condizioni vietate, oppure dovrà essere spostata ad altra mansione, anche di livello inferiore ma mantenendo la sua retribuzione. Se questo non fosse possibile, si richiede l’astensione obbligatoria anticipata o, se previsto, l’estensione fino a 7 o 12 mesi dalla data del parto. In merito al rischio biologico, sono presenti queste voci:

Allegato A:
L) i lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per malattie infettive e per malattie nervose e mentali: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;

Allegato B
b) agenti biologici:
toxoplasma;
virus della rosolia, a meno che sussista la prova che la lavoratrice e’ sufficientemente protetta contro questi agenti dal suo stato di immunizzazione;

2) Valutazione dei rischi: qualora la lavoratrice rimanga al lavoro perchè la mansione è compatibile o perchè ha subito delle modifiche per renderla tale, il datore di lavoro deve valutare i rischi specifici legati ad una ipersuscettibilità ad alcuni fattori di rischio. Questi, sono riportati all’interno dell’allegato C, tra cui viene richiamato anche:

Allegato C

  1. Agenti biologici
    Agenti biologici dei gruppi di rischio 2, 3 e 4 ai sensi dell’articolo 268, nonché’ dell’Allegato XLVI del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nella misura in cui sia noto che tali agenti o le terapie che essi rendono necessarie mettono in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro, sempreché’ non figurino nell’Allegato B della presente legge.

Gravidanza e Covid, cosa sappiamo?

Molta della documentazione reperibile, riguarda la gestione della gravidanza al tempo del Covid, con una particolare attenzione all’ospedalizzazione in questo periodo in cui le strutture sanitarie sono focalizzate sulla gestione della pandemia.

Tuttavia, qualche indicazione è reperibile in merito ai rischi legati alla gravidanza in periodo Covid:

Gravidanza – La gravidanza comporta cambiamenti del sistema immunitario, che possono aumentare il rischio di contrarre infezioni respiratorie virali, tra cui quella da SARS-CoV-2. Inoltre, le donne in gravidanza potrebbero mostrare un rischio maggiore di sviluppare una forma severa di infezioni respiratorie virali. Ad oggi, non è stata dimostrata la trasmissione verticale da madre a feto durante la gravidanza. Sono vari i casi in Italia di positività tra i neonati, presumibilmente infettati a seguito del contatto con la madre positiva durante o dopo il parto. Questi bambini, però, non hanno presentato sintomi importanti e la condizione non desta particolari preoccupazioni. Il nuovo coronavirus non è stato rilevato né nel liquido amniotico, né nel latte materno. (Fonte: Ministero della Salute)

Allattamento – Le donne positive al nuovo coronavirus non devono necessariamente rinunciare ad allattare al seno il proprio bambino. Qualora la madre abbia pochi sintomi, può farlo adottando tutte le precauzioni per evitare di trasmettere il virus al figlio, lavandosi le mani e indossando una mascherina chirurgica mentre allatta. Se la madre presenta, invece, un’infezione con febbre, tosse o dispnea, madre e figlio andrebbero separati. Andrebbe, comunque, evitato il ricorso automatico ai sostituti del latte materno, implementando la spremitura del latte materno o il ricorso al latte umano donato.

Diversamente, per le operatrici del settore sanitario, dove vige una specifica esposizione al rischio biologico (allegato XLIV D.Lgs. 81/2008), l’Istituto Superiore di Sanità indica il divieto di adibizione a mansioni che possano esporle al rischio biologico.

Gestione delle lavoratrici in gravidanza in periodo Covid

Esposizione a Covid è attività vietata? Come sopra indicato, il rischio biologico, rientra tra le attività a rischio per la gravidanza ma non vietate (allegato C). Dalla valutazione del rischio, potrebbe risultare l’opportunità di allontanare la lavoratrice dal luogo di lavoro (operatori sanitari) o la messa in smart working, quando possibile. Particolare attenzione andrà posta per le mansioni ad elevato contatto con il pubblico;

Cosa fare se si riceve notizia di uno stato di gravidanza? Qualora sussista un rischio biologico legato all’attività (Allegato XLIV D.Lgs. 81/2008) il datore di lavoro valuterà i rischi e prenderà le misure appropiate. Qualora l’attività non rientri tra quelle di cui all’allegato succitato, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, in base all’articolo 7 comma 4, potrà determinare l’interdizione dal lavoro d’ufficio o su istanza della lavoratrice. Qualora, durante la gravidanza, la lavoratrice sviluppasse patologie tali da renderla maggiormente esposta ai rischi di contagio, dovrà comunicarlo al Medico Competente per essere inserita nel novero delle persone fragili, sempre che il medico curante non la interdica dall’attività lavorativa per condizioni fisiche.

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