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Il lavoro in solitaria rappresenta una condizione di particolare gravità, tanto più quando il lavoro si svolge non all’interno del perimetro della propria azienda ma in contesti estranei o, comunque, esterni.
Prendiamo spunto da un grave fatto di cronaca di tre anni fa che ora approda in tribunale, per capire come gestire al meglio questa situazione.

L’evento a cui ci riferiamo è avvenuto tre anni fa e ora approda in tribunale. Ne dà notizia LaStampa online (http://www.lastampa.it/2017/07/13/cronaca/mor-punto-da-una-vespa-a-giudizio-il-datore-di-lavoro-xfpx4B4Do14EGCYrRbtxEM/pagina.html).

Non si vuole qui dare una ricostruzione dell’accaduto ma capire come eventi di questo tipo possono indurci a prestare maggiore attenzione a particolari temi.
Nel caso specifico, parliamo di lavoro solitario. Questa è una condizione che va sempre più diffondendosi con la riduzione al minimo dei costi che le aziende, per volontà o meno, stanno adottando. Il caso specifico è avvenuto ad un operaio impegnato a intervenire su un lampione usando una piattaforma. Durante l’intervento, l’operatore veniva punto da una vespa e moriva, dopo diversi minuti, per uno shock anafilattico.

Si sono verificate due situazioni di rischio:
1) rischio biotico: legato alla possibile presenza di insetti e animali che possono causare anche danni gravi agli operatori;
2) lavoro in solitario: che non ha permesso un soccorso dell’operatore ad opera di un collega.

Per quanto concerne il rischio biotico, quando presente, merita attenzione su questi specifici fattori:
1) valutazione di predisposizione personale (allergie) mediante sorveglianza sanitaria specifica;
2) dotazione di adeguati DPI di protezione per le attività che possono esporre a questi rischi;
3) adozione di procedure di individuazione del rischio e comportamenti da tenere al fine di contenerli: l’attività poteva prevedere l’analisi preliminare dell’eventuale presenza di nidi e la successiva nebulizzazione di specifici prodotti.

Per quanto concerne il lavoro in solitario:
1) organizzazione delle attività in modo che l’operatore non fosse mai da solo. Questo permette di contenere rischi di diversa natura: dall’aggressione ad eventuali malesseri dovuti all’altezza, caldo fino alla folgorazione;
2) dotazione di dispositivi uomo a terra che permettono la chiamata dei soccorsi o allarmi in caso di segnale positivo dal dispositivo.

Con l’occasione, vale la pena ricordare quanto prescritto all’articolo 2 comma 5 del D.M. 388/03:
5. Nelle aziende o unità produttive che hanno lavoratori che prestano la propria attività in luoghi isolati, diversi dalla sede aziendale o unità produttiva, il datore di lavoro e’ tenuto a fornire loro il pacchetto di medicazione di cui all’allegato 2, che fa parte del presente decreto, ed un mezzo di comunicazione idoneo per raccordarsi con l’azienda al fine di attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.

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