Il D.Lgs. 101/2020, al Capo II, tratta della potenziale esposizione dei lavoratori ai radionuclidi naturali che si trovano all’interno di alcuni materiali utilizzati all’interno della propria attività lavorative.
Questo determina la necessità di valutare il rischio da esposizione a radiazioni ionizzanti anche in molte attività finora escluse. Sono incluse anche solo le attività di stoccaggio di materiali che potrebbero avere un rischio di questo tipo.
Cosa sono i materiali contenenti radionuclidi di origine naturale e quali sono le attività lavorative che possono comportare esposizione
Alcuni materiali, per loro caratteristiche di genesi o per loro capacità di assorbimento, possono possedere una certa quantità di radionuclidi naturali, ovvero di materiali che possono decadere rilasciando radiazioni ionizzanti che possono provocare esposizione a radiazioni ionizzanti durante la normale attività lavorative.
Tra queste abbiamo:
- materiali da costruzione;
- NORM (Naturally Occurring Radioactive Material): sono materiali che non sono abitualmente considerati radioattivi ma che possono contenere anche elevate quantità di radionuclidi tali da diventare sorgenti significative.
Tralasciando gli elementi di cui al punto 1, in questo articolo tratteremo dei materiali di cui al punto 2. La tabella II-1 riportata all’allegato II del D.Lgs. 101/2020 indica quali sono i settori industriali dove è possibile trovare materiali contenenti radionuclidi naturali in concentrazioni anche significative, e le relative attività che possono comportare esposizione al rischio.
Obblighi dell’esercente (articolo 20) di attività lavorative comportanti esposizione a radionuclidi di origine naturale
Qualora l’attività svolta da un’azienda dovesse rientrare tra quelle indicate alla tabella II-1 dell’allegato II, l’esercente deve, entro 12 mesi dall’inizio dell’attività, provvedere alla misurazione della concentrazione di attività e confrontarla con i livelli di attività, riportati sempre in allegato II, per i quali si ritiene che vi sia l’esenzione dal rischio. Se il risultato è positivo, le misure andranno ripetute ogni 3 anni, o in caso di variazioni significative.
Qualora la soglia di esenzione sia superata, si deve provvedere, entro 6 mesi, alla valutazione delle dosi efficaci per l’individuo e confrontarle con i valori di esenzione sempre in allegato II. Se i valori di esenzione per le dosi efficaci fossero rispettati, entro 3 anni, si procederà nuovamente alla misura dell’attività, come fatto in precedenza.
Se anche il valore di dose fosse superiore al valore di esenzione, allora si tratta di esposizione professionale a radiazioni ionizzanti, quindi si deve procedere al rispetto delle prescrizioni di cui al Titolo XI e XII.
Chi può effettuare le misurazioni e le valutazioni di esposizione
Il datore di lavoro provvede a valutare preliminarmente il rischio verificando se l’attività svolta rientra tra quelle riportate in Tabella II-1. Se non vi rientra, il rischio, fatto salvo informazioni diverse, può essere escluso.
Qualora l’attività rientri tra quelle di cui alla Tabella II-1, il datore di lavoro commissione la misurazione dei livelli di attività che possono essere effettuate solo da organismi riconosciuti in base all’articolo 155. Questi rilasciano una relazione tecnica con i risultati delle misurazioni.
Qualora il livello di esenzione per l’attività sia superato, il datore di lavoro deve nominare un esperto di radioprotezione al quale affidare la valutazione della dose efficace e, qualora anche questa superi il valore di esenzione, la valutazione del rischio da radiazioni ionizzanti.